8 marzo 2009

«They can eat it»

Forse sarà ricordato nei libri di storia: il mandato di cattura emesso contro il presidente del Sudan Omar al-Bashir per quanto sta accadendo da 6 anni nella regione del Darfur è un fatto senza precedenti.
La richiesta di arresto è stata presentata a luglio 2008 dal procuratore generale dell' International Criminal Court (ICC) Luis Moreno Ocampo ma solo pochi giorni fa, il 4 marzo, la corte si è pronunciata in senso favorevole.
L'ICC ha sede all'Aia ed è stata istituita nel 2002 con il cosiddetto Trattato di Roma a cui tutt'oggi aderiscono 108 stati, tra cui purtroppo non figurano alcuni "pezzi grossi" come Stati Uniti, Cina, India, Russia, Israele.
Le Nazioni Unite chiesero nel 2005 all'ICC di investigare sulla situazione in Darfur ed ora che si è giunti a questo primo risultato sarà nuovamente l'ONU a dover prendere delle decisioni diplomatiche ed operative.
Il Sudan vive praticamente in guerra "latente" da circa 30 anni: non si è neppure fatto in tempo a festeggiare la pace siglata nel 2005 tra il ribelli del Sud e il governo centrale che già si era aperto un altro durissimo fronte nella regione occidentale del Darfur.
Gli episodi documentati e contestati al presidente comprendono assassini, stupri, torture: crimini contro l'umanità compiuti non tanto dalle truppe regolari quando da milizie paramilitari messe in campo da Khartoum.
Le stime più accreditate parlano di almeno 300mila morti, 2 milioni e mezzo di profughi oltre alla distruzione di villaggi, pozzi e campi coltivati in una regione poverissima e in cui le condizioni di vita e ambientali sono già molto dure.
La reazione del governo di Khartoum non si è fatta attendere: ben 13 sono le organizzazioni internazionali a cui è stato immediatamente revocato il permesso ad operare nel paese. Tra queste ci sono alcune ONG di primo piano come Oxfam, Medici Senza Frontiere, Save The Children e molte altre che operano in Darfur in forma privata o su mandato ONU.
Si stima che in breve tempo oltre un milione di persone rischieranno di restare senza acqua e cibo mentre la mancanza di servizi sanitari di base riguarderà almeno un milione e mezzo di persone.
Anche la diplomazia internazionale ha reagito: purtroppo le grida più forti si sono levate contro la decisione dell'ICC, accusata da al-Bashir di neocolonialismo per interferire nella politica di una paese sovrano e per avere indirizzato le proprie indagini solo verso africani.
Cina, Iran, molti paesi africani e organizzazioni come l’Unione Africana e la Lega Araba si sono lamentate della decisione dell'ICC chiedendo quanto meno una sospensione della richiesta di arresto in modo da permettere il proseguimento dei colloqui di pace. Al contrario il resto della comunità internazionale non è stato altrettanto pronto e deciso dimostrando ancora una volta paura e divisione di fronte alle questioni di salvaguardia dei diritti umani e della difesa del diritto internazionale.
Al di là delle reazioni diplomatiche, molti commentatori internazionali hanno sottolineato che l'atto d'accusa dell'ICC, pur essendo corretto nella forma, è sbagliato nei tempi e nelle modalità, in quanto rischia di complicare una situazione già di molto compromessa. Difficile immaginare l'effettiva cattura del leader sudanese, ma occorre comunque sottolineare che questa incriminazione costituisce un unicum nel diritto internazionale che potrebbe aprire nuovi scenari in contesti tradizionalmente difficili: al-Bashir è infatti un leder politico di primissimo piano, nel pieno dei suoi poteri, una figura certamente diversa (anche se forse non meno colpevole) di "colleghi" obiettivamente poco difendibili e già accusati in passato dall'ICC.
Tra questi ad esempio troviamo Charles Taylor, ex presidente della Liberia (arrestato nel 2006), il leader politico-militare della R.D.Congo Jean-Pierre Bemba (arrestato nel 2008) o ancora il famigerato e sanguinario Joseph Kony, comandante dell'LRA nel nord Uganda e tuttora in libertà.

In questi giorni nel frattempo proseguono i bagni di folla di al-Bashir: in uno degli ultimi comizi ha affermato che il mandato di arresto per lui non ha valore e che coloro che lo hanno scritto "se lo possono anche mangiare".


Fonti: ICC, Nigrizia, France24
Vedi anche: African Arguments

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