20 aprile 2009

La pirateria in Somalia è sintomo di un problema più grande

Navi attaccate dai pirati111 attacchi nel 2008 al largo della Somalia e nel Golfo di Aden, dei quali oltre la metà si è trasformata in vera e propria cattura delle imbarcazioni e degli equipaggi a scopo di riscatto. Sempre nel 2008 sono state rapite oltre 800 persone e a tutt'oggi non è ancora stato liberato l'equipaggio (tra cui 10 marinai italiani) in servizio sul rimorchiatore Buccaneer, della compagnia ravennate Micoperi.
In questa zona strategica si muovono ogni anno 20.000 navi commerciali.
Francia, Cina, India, Stati Uniti e altri paesi hanno inviato navi da guerra nell'area e questo ha provocato un parziale rallentamento delle operazioni di pirateria, rispetto all'escalation di fine 2008. D'altra parte sembra che il campo di azione dei pirati si stia spostando in acque sempre più lontane dalla terra ferma e dal Golfo di Aden (dunque più a sud). Il cargo americano Alabama è stato sequestrato nei giorni scorsi a circa 300 miglia dalla costa. Le attività di pirateria hanno fruttato lo scorso anno cifre elevatissime: si parla di 80 milioni di dollari ma esistono stime anche più elevate. A questi costi vanno aggiunti anche i maggiori costi di assicurazione, di pattugliamento, i rischi ambientali oltre naturalmente al rischio per gli equipaggi.
Un commento molto chiaro e completo sulla pirateria in Somalia l'ha dato Roger Middleton, consulente e ricercatore della Chatam House, istituto britannico di analisi di politica internazionale, un vero e proprio 'think tank' di riferimento soprattutto per quanto riguarda il commercio e le risorse energetiche.
La traduzione italiana dell'articolo di Middleton è qui.
In ottobre 2008 Chatam House ha pubblicato, sempre a firma di Middleton, un report (scaricabile qui) sul problema della pirateria in Somalia di cui Nigrizia ha curato una traduzione sul numero di dicembre 2008.

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